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IL PIANO “SHOCKITALIA” (120 miliardi), QUALI PROBLEMI?

Diadmin

Gen 17, 2021

ANTEPRIMA. In uno spettacolo di tanto tempo fa, Beppe GRILLO raccontò una storiella interessante qui riproposta, in termini ovviamente non fedeli all’originale.
Un anziano contadino si reca alla sede della sua banca e si rivolge ad un giovane cassiere che, tra l’altro, conosce bene, in quanto figlio di un suo vecchio amico, per chiedergli: “puoi verificare a quanto ammonta il totale del mio patrimonio?” Il cassiere, dopo un breve controllo al computer, gli
risponde prontamente: 64 milioni di lire. Allora l’anziano contadino chiede di prelevare quel patrimonio. Il cassiere, stupito e confidando nel rapporto di amicizia tra i due, chiede la ragione di tale richiesta. L’anziano risponde: “non voglio portare via quei soldi, li voglio semplicemente vedere, dopo li puoi rimettere in cassaforte; voglio essere sicuro che quei soldi ci siano davvero; sono il frutto dei risparmi di decenni di duro lavoro nei campi; ormai sono vecchio e potrei averne bisogno e sento forte la necessità di verificare l’effettiva esistenza del mio piccolo patrimonio”. La storiella procede con il disperato ed inutile tentativo del cassiere di spiegare che non è possibile soddisfare a tale richiesta perché i movimenti dei soldi, salvo piccole quantità, avvengono mediante meccanismi complessi, ovvero attraverso una sorta di gestione virtuale, come avviene in tutto il
mondo, con meccanismi della finanza che gli economisti e gli operatori bancari conoscono bene; a loro bisogna rivolgersi con fiducia. Perciò il cassiere dice all’anziano: “stai sicuro, i tuoi soldi ci sono, anche se non esistono materialmente; fidati!”. L’anziano esce dalla sede della banca poco
fiducioso. Lui è un uomo concreto, abituato alla solidità reale della terra, al rapporto materiale con le persone, alla fatica del suo lavoro,… e ora deve fidarsi, per quanto ha capito, del fatto straordinario di possedere un piccolo patrimonio apparentemente (o realmente?) inesistente, ma di cui può disporre a piacimento. Ma questa è solo l’anteprima.

Matteo RENZI ed il suo partito “Italia Viva” hanno proposto, con particolare determinazione, un piano “shockItalia” da 120 miliardi di euro in tre anni da spendere subito per sbloccare le opere pubbliche e quindi per rilanciare alla grande l’economia: nuove infrastrutture, burocrazia semplificata e una
gestione commissariale con un forte intervento pubblico. L’alta velocità non deve arrivare solo a Bari, ma fino a Lecce e in tutto il Sud, bisogna rilanciare il sistema dei porti e degli aeroporti, come quello di Firenze, con 74 miliardi per strade e autostrade. Negli elenchi di opere pubbliche da sbloccare è prevista anche la metropolitana a Roma e il sistema delle tramvie. Vengono anche citati gli interventi sul dissesto idrogeologico, per ricostruire le fogne in Sicilia e nel resto del Mezzogiorno e per la
ristrutturazione di scuole (tre miliardi) e ospedali (due miliardi).
“Sembra” che ci siano 120 miliardi in qualche cassetto, già pronti, oppure che siano già disponibili ipotetici finanziamenti per i prossimi tre anni per sbloccare opere pubbliche delle quali “sembra” siano già disponibili i relativi progetti; tuttavia non sono ancora pronte tutte le autorizzazioni
necessarie per far partire i cantieri a causa di un sistema burocratico-amministrativo troppo farraginoso e perciò di grave ostacolo rispetto agli interventi necessari per far ripartire l’economia, la crescita del PIL e quindi il lavoro. A questo proposito il piano “shockItalia” ipotizza anche una
riforma sostanziale della burocrazia e quindi degli iter autorizzativi dei cantieri.

È una proposta affascinante. Se applicata e se funzionasse, rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione per il nostro Paese; si inizierebbe un percorso che potrebbe comportare la risoluzione di
molti problemi sociali ed economici emersi in questi ultimi venti anni. Una proposta considerata con interesse dalle forze politiche, dagli imprenditori, dai sindacati,… Ma è tutto oro ciò che luccica?
Esaminiamo un punto essenziale: la burocrazia. Quante volte ne abbiamo sentito parlare da diversi opinion-leaders nelle trasmissioni televisive o lo abbiamo letto sulla carta stampata o sui social?
Sembrano tutti concordi: la burocrazia è considerata uno dei principali ostacoli per lo sviluppo economico, non inferiore alla corruzione, alla malavita organizzata e alle scarse competenze dei funzionari e dei tecnici della pubblica amministrazione. Si tratta di una opinione piuttosto diffusa,
raccontata e denunciata in più occasioni, così dimostrando, in realtà, parecchia superficialità. La situazione è ben più complessa, essenzialmente dovuta alle spiccate peculiarità del territorio italiano:
! Le correnti ascensionali del mantello tendono ad alimentare la crosta oceanica del Tirreno che quindi si allarga spingendo la penisola italiana verso Nord-Est, come in una sorta di rotazione antioraria che ha il suo cardine nel triveneto. Al contrario del resto del continente europeo,
geologicamente più antico e stabile, il nostro territorio è molto instabile. I comuni interessati da rischio sismico più o meno elevato sono la netta maggioranza. Si “salvano” la Sardegna, la Puglia meridionale e le regioni dell’Italia settentrionale centrale e occidentale (Quasi l’intero territorio
italiano è zona sismica, situazione unica in Europa).

! Situazione unica in Europa anche per la presenza di vulcani, non solo i principali, quali l’Etna (effusivo) ed il pericolosissimo Vesuvio (esplosivo), ma anche quelli sui fondali marini basaltici del Tirreno in espansione per l’ascesa di correnti calde dal sottostante mantello.

Le aree ad elevata criticità idrogeologica sono molto estese, quasi il 10 % del territorio nazionale; ad esse occorre aggiungere quelle a rischio moderato. Solo il 20 % dei comuni non presenta problemi di rischio idrogeologico. L’elevata criticità deriva dal notevole sviluppo delle aree di alta collina e delle montagne, con versanti ripidi, sui quali scorrono le acque su un reticolo idrografico fitto ed articolato, caratterizzato da elevati trasporti solidi, diversamente da quanto accade nella maggior parte del continente europeo.
! La densità di popolazione nel mondo è pari a 48 abitanti/km2. 113 abitanti/km2 quella media dell’Unione Europea. In Italia è pari a 206 abitanti/km2 che raggiunge il valore di 415 abitanti/km2 (tra le più elevate nel pianeta) in pianura, che occupa poco più di un quinto del territorio nazionale, proprio dove si prevedono quasi tutti gli interventi del succitato piano “shockItalia”.
! L’Italia si trova al centro del Mediterraneo, con forte estensione lungo i meridiani, “ponte” tra i due continenti Europa ed Africa, con fasce altimentriche (climatiche) dal mare fino a 5.000 metri di altitudine, esposta ai venti di tutti i quadranti, dominata da paesaggi caratteristici in funzione della lunga e complessa storia umana,… Il risultato è il notevole livello di biodiversità: una straordinaria area di concentrazione di specie e di habitat. L’Italia è il Paese europeo che presenta il più alto numero di specie: circa la metà di quelle vegetali ed un terzo di quelle animali presenti in Europa. Alcuni gruppi, come alcune famiglie di invertebrati, sono presenti in misura doppia o tripla, se non ancora maggiore, rispetto ad altri Paesi europei.

! Secondo Oscar FARINETTI (cfr. video su “la fortuna di nascere in Italia” – YouTube”) in Italia, pur rappresentando lo 0,5 % della superficie del pianeta e lo 0,8 % dei cittadini del mondo, sono presenti 7.000 specie di vegetali commestibili; il secondo Paese al mondo (Brasile ) ne ha 3.300.
Sono presenti 58.000 specie animali; il secondo paese al mondo (Cina) ne ha 20.000. 1.200 vitigni autoctoni; il secondo Paese è la Francia con 222. 533 cultivar di olive; il secondo Paese è la Spagna con 80. 144 cultivar di grano duro; al secondo posto gli USA con 6.
! La lista UNESCO del patrimonio culturale e naturale mondiale include oltre 1.030 siti di valore universale in 163 Paesi del mondo. Attualmente l’Italia è la Nazione che ne detiene il maggior numero, pari a 51, ai quali se ne aggiungono altri due nel Vaticano. Nel nostro Paese vi è la più alta
“concentrazione” di beni ambientali e culturali: 46.025 beni architettonici vincolati (oltre ad altri 5.668 non sottoposti a vincoli), 3.847 musei, 240 aree archeologiche, 12.936 biblioteche.
! Per le ragioni succitate l’Italia può vantare una bellezza unica del paesaggio, che ha ben pochi riscontri nel resto del mondo, tutelato dall’art. 9 della Costituzione (La Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione).
! Secondo ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, 2019) in Italia, nel 2018, sono stati cementificati 51 km2 di territorio (14 ettari/giorno, 2 m2 /secondo). Per ogni italiano
corrispondono 380 m2 di superfici cementificate (+ 2 m2 /anno). Valori tra i più elevati in Europa. Il consumo di suolo cresce nelle aree protette (+ 108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1.074 ettari), in quelle a pericolosità media (+673 ha) e da frana (+350 ha)
e nelle zone a pericolosità sismica (+1.803 ha). Negli ultimi sei anni l’Italia ha perso superfici in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi e di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250
milioni di m3 di acqua piovana che ora, scorrendo in superficie non sono più disponibili per la ricarica delle falde, aggravando il dissesto idrogeologico. Il recente consumo di suolo produce un danno di circa tra 2/3 miliardi euro/anno per la perdita dei servizi ecosistemici del suolo.
La cosiddetta burocrazia, secondo opinioni sempre più diffuse, limita, in modo significativo, l’iter procedurale delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione di progetti e per lo sviluppo dei cantieri. Essa agisce in molti modi, ma quello principale è la moltiplicazione dei soggetti pubblici
(servizi tecnici dei diversi assessorati provinciali e regionali e quelli delle agenzie territoriali) che intervengono nelle istruttorie ponendo problemi e vincoli che allungano i tempi necessari per le autorizzazioni. Si propongono confronti con il resto d’Europa, dove tutto sembra più semplice e
veloce e ciò porterebbe gli imprenditori a preferire gli altri Paesi rispetto all’Italia e la realizzazione di progetti proposti dalla pubblica amministrazione risultano più lenti e costosi. In realtà un simile confronto tra quanto accade in Italia e all’estero è fuorviante, in quanto non tiene
conto del fatto che, come sopra illustrato, il territorio italiano è molto speciale. A questo proposito e a titolo esemplificativo, si propone un esempio chiarificatore.

estratto da: “Ambiente, grandi opere e politica”
https://greencrestdotblog.files.wordpress.com/2019/03/2019-ambiente-grandi-opere-e-politica.pdf
Certamente è vero che la realizzazione di un kilometro di strada o di autostrada (o di ferrovia) nel nostro Paese costa da due a tre volte il costo medio europeo e che una parte significativa di questo costo eccessivo è dovuta alla burocrazia, inefficienza e corruzione, ma per un’altra porzione, ineludibile, la cause sono ben altre. Abbiamo prima affermato che l’Italia è un Paese meraviglioso, per l’alta concentrazione di beni storicoartistici-paesaggistici e per l’elevato tasso di biodiversità. A ciò si aggiunge una densità di popolazione eccessiva e che si concentra su aree limitate rispetto ad un territorio fortemente montuoso, proprio sulle aree maggiormente interessate alla realizzazione di grandi e piccole opere.
Quando si progetta una strada, è difficile prevedere un percorso lineare e razionale senza affrontare il problema dell’intercettazione di nuclei abitati, magari caratterizzati da elementi architettonici degni di conservazione. È
difficile evitare di dover attraversare qualche corso d’acqua, anche piccolo, ma capace di improvvise piene rovinose. È probabile che tale manufatto interferisca con qualche interessante elemento del paesaggio.
Il territorio italiano possiede queste caratteristiche. Immaginiamo la meraviglia di un paesaggio molto articolato, l’intricato mosaico di ambienti naturali, tra loro anche diversi ed intercalati con quelli agricoli e con
la presenza di piccoli gioielli rappresentati da borghi e caseggiati spesso ricchi di storia. La bellezza di quel paesaggio è anche dovuta alla presenza di colline con alcuni ripidi versanti, il cui delicato equilibrio è
mantenuto grazie alla presenza di fitti boschi residui, alternati a prati e vigneti su antichi terrazzamenti; ma le superfici di quei versanti presentano le più svariate morfologie a causa di un articolato intreccio di rii e torrenti,
le cui acque erodono e trasportano verso valle tonnellate di terra, in un processo continuo e inesorabile di disfacimento di un territorio geologicamente giovane ed ancora oggi sottoposto a significativi fenomeni
sismici, quegli stessi che costituirono gli effetti della più recente orogenesi che generò le condizioni della meraviglia di questo paesaggio.
Ora immaginiamo di progettare una strada, importante e indispensabile via di comunicazione, attraverso quel paesaggio, caro ai turisti (importanti per l’economia), fragile sotto il profilo dell’assetto idrogeomorfologico
(per i rischi che esso comporta), ricco di storia (le nostre radici), con presenza di entità naturali endemiche (che significa nostra responsabilità per la tutela della biodiversità globale)… Quanti problemi!
Troppo facile progettare una strada su una vasta pianura, con qualche morbida collina, nel resto d’Europa (in Germania, Francia o Spagna), cioè nella porzione geologicamente più antica del continente, quindi più stabile
(assenza di sismicità), con reticolo idrografico in migliori condizioni di equilibrio (meno alluvioni, minori erosioni e trasporto solido), per di più con densità di popolazione e di centri abitati decisamente inferiore.

Progettare una strada nel territorio italiano è molto più complicato ed ai problemi succitati si aggiunge, in alcune aree, anche il vulcanesimo, una della tante attrattive del nostro Paese, ma che può diventare un problema
tremendo e del tutto assente nel resto d’Europa. Se la progettazione e realizzazione di una strada in molte parti del mondo, salvo eccezioni, è una delle imprese dell’uomo moderno tra le più semplici, quasi sempre è una vera complicazione nel nostro territorio ed è inevitabile che costi in misura significativamente superiore rispetto a quanto accade nel resto d’Europa.
Occorre prendere tutte le precauzioni e procedere con la massima cautela, tenendo anche presente che i percorsi più semplici e facili sono già stati sfruttati nelle epoche passate, per esempio già dagli antichi romani (ed è una delle ragioni per cui alcune delle loro opere sono ancora in piedi).
Ogni progetto va sottoposto con la massima attenzione a procedura di impatto ambientale, in quanto è fondamentale ridurre le conseguenze negative sull’ambiente naturale, sull’agricoltura, sul paesaggio, sulla
storia dei territori locali interessati dall’opera. Gli eventuali errori si pagherebbero successivamente e molto cari, con conseguente caccia ai responsabili, cioè a quei funzionari pubblici oggi troppo spesso accusati di
essere i protagonisti negativi di una opprimente burocrazia, ma che sono coloro che inevitabilmente hanno il compito di assumersi le maggiori responsabilità decisionali su adeguatezza, sicurezza e coerenza dei progetti.
Possiamo certamente ribadire che la realizzazione delle opere è inutilmente ostacolata da eccessiva burocrazia, inefficienza e corruzione. È ampiamente riconosciuto l’obiettivo di ridurre l’inefficienza (promuovendo quindi
il merito) e di abbattere la corruzione (intollerabile in uno Stato moderno), ma poco si può contro la burocrazia; questa può essere migliorata e parzialmente ridotta, ma è necessaria quando ben orientata nella gestione
progettuale ed operativa dei progetti delle opere da realizzare in un territorio così speciale e difficile come quello che la Natura ci ha consegnato e che abbiamo il compito di custodire per la nostra stessa sopravvivenza e soprattutto per le future generazioni.

A questo punto torniamo alla storiella proposta nell’ANTEPRIMA. Proviamo cioè a ragionare come quell’anziano contadino. I promotori di un piano di opere pubbliche, la maggior parte delle quali trasportistiche (strade, autostrade, tangenziali, circonvallazioni, ponti, porti ed aeroporti,…), cioè
proprio quelle di maggiore impatto su un territorio cosi prezioso, delicato e pericoloso come quello italiano, sostengono che “si può e si deve fare” prevedendo un investimento di 120 miliardi.
A questo punto proviamo a proporre la stessa domanda dell’anziano contadino: dove sono i 120 miliardi? In quale cassetto di quale cassaforte (reali o virtuali o immaginari o concreti o…)? Sono veramente e realmente disponibili?
Nella situazione socio-economica nella quale ci troviamo, quando tutti sostengono che, a causa della crisi economica, della mancanza di lavoro, di scarsa o nulla crescita,… le risorse disponibili sono assai scarse, sapere che sono disponibili 120 miliardi da investire in pochi anni, allora sarebbe bene
discutere con particolare attenzione su quali settori investire.
Diversamente da quanto annunciato è assai discutibile il fatto che, per esempio, a sanità e scuola vengano praticamente riservate delle briciole, mentre la maggior parte delle risorse ipotizzate vengano destinate per cantieri relativi ad infrastrutture, cioè per quegli interventi che costituiscono la causa maggiore del disfacimento della Bell’Italia.
Sarebbe bene invece invertire i termini, ossia riservare la quasi totalità di quel pacchetto di 120 miliardi ai settori di cui veramente vi è più bisogno: sanità, scuola, ambiente, cultura e ricerca, che sono quelli veramente rappresentativi di una società moderna, democratica e solidale e in grado, come per qualunque altro settore nel quale si decide di investire, di innescare la formazione di nuovi posti di lavoro.
Tutto ciò sempre ammesso che quel pacchetto di 120 miliardi di euro sia realmente disponibile, ma rimane sempre un ragionevole dubbio. Forse la diffidenza di quell’anziano contadino è ampiamente giustificata.
Torino, marzo 2020
Gian Carlo PEROSINO

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