La pandemia ha evidenziato come la medicina debba svolgersi “preventivamente” sul territorio (non in ospedale e tantomeno in pronto soccorso) ovvero attraverso: intervento dei medici di base, visite mediche specialistiche ambulatoriali, percorsi di riabilitazione; tutto il più possibile vicino a casa. All’opposto il nostro sistema sanitario nazionale è ancora prevalentemente “ospedale-centrico”; pertanto risulta evidente la forte necessità di una profonda ristrutturazione che (senza negare l’importanza dei grandi ospedali, quali centri di eccellenza tecnologica) comporti un maggior numero di infermieri e di medici ed in generale del personale capace di fornire una efficace assistenza primaria territoriale.
I medici di assistenza primaria ed i pediatri oggi non sono presenti in numero sufficiente, quando invece sono proprio loro che rappresentano i principali “anelli di congiunzione” tra problemi globali, possibili soluzioni e azioni locali, in aderenza alle più rigorose evidenze scientifiche. Un loro maggior coinvolgimento consentirebbe non solo di raccogliere informazioni in modo tempestivo e preciso sullo stato di salute della popolazione e dell’ambiente, ma anche e soprattutto di trasmettere al cittadino un immediato senso di protezione da parte del Servizio Sanitario
Le grandi epidemie sembravano interessare solo gli storici. Ma i tempi sono cambiati. Dall’Herpes alla Malattia dei legionari negli anni Settanta, all’AIDS, all’Ebola, alla SARS, e ora al Covid-19, le malattie contagiose ritornano a minacciare l’umanità interessando, di volta in volta, paesi ed etnie diverse. Esse si manifestano con patologie croniche che richiedono più specialisti, più farmaci e costi maggiori.
Occorrerebbe una nuova figura sanitaria: il “medico della complessità”, per coordinare i vari percorsi terapeutici e garantire continuità assistenziale. Dobbiamo infatti considerare che il malato cronico (quale esempio di condizione tra le più diffuse ed in incremento) ha più malattie da tenere sotto controllo: diabete, asma, scompenso cardiaco, Alzheimer,… In Italia una persona malata su tre soffre di più di una patologia cronica. Ma il numero cresce fino a due malati su tre se si prendono in considerazione gli over 65, cioè 13.650.000 persone, oltre un quarto della popolazione italiana. Il 10 % di questi, infatti, presenta contemporaneamente almeno tre condizioni morbose croniche, che richiedono più farmaci, più medici e costi più alti.
Si stima che per le malattie croniche oggi si spenda circa il 70 – 80 % delle risorse sanitarie a livello mondiale; un valore altissimo, che dobbiamo ridurre, ma non a spese dei pazienti. Per questo “la medicina deve cambiare!”
Novembre 2020 Piero Bogliano