In questi giorni di forzata clausura provo a immaginare come sarà il dopo emergenza: come avverrà, per quanto tempo dovremo osservare come le misure di distanziamento sociale o eventuali altre che verranno elaborate, quale impatto avranno queste misure sull’ organizzazione del lavoro, sul trasporto pubblico, sulla scuola.
Come cambieranno i nostri rapporti e comportamenti con gli amici, i conoscenti, gli estranei, i compagni di lavoro o di scuola.
Siamo alle soglie di una cesura importante che porterà a un mutamento antropologico del nostro genere?
Tante domande e solo congetture, utili a riempire il tempo dilatato in cui ci muoviamo.
Ancora una piccola notazione: la scuola a distanza ha fatto emergere le differenze sociali tra le famiglie che erano perfettamente attrezzate con computer, tablet, connessione a internet e quelle meno abbienti che hanno dovuto trovare qualche modo per permettere ai figli di seguire le lezioni a distanza.
Ci sono poche certezze e alcuni fondati timori con cui fare i conti. Le certezze sono che USA e Gran Bretagna faranno ricorso alle banche centrali per coprire i costi dell’emergenza sanitaria evitando quindi di farli pesare sul bilancio statale e produrre di conseguenza indebitamento.
L’ Unione Europea e l’ Italia di conseguenza quasi certamente seguirà un’altra strada: i soldi che il nostro Governo otterrà per fare fronte all’ emergenza sanitaria quasi sicuramente andranno a pesare sul debito, il che comporterà un ulteriore attacco allo Stato Sociale per farvi fronte con il suo corollario di privatizzazioni selvagge e di lacrime e sangue per i cittadini.
Già è palese l’ isolamento del Primo Ministro Conte di fronte agli attacchi di vasti settori della stampa «che conta» e alle spinte all’ interno della sua maggioranza per adeguarsi ai diktat della BCE e forse si prepara il clima adeguato a farci ingoiare un futuro Governo Tecnico per gestire il problema del debito. Se questo tecnico sarà Draghi, che da parecchi anni ci spiega che lo Stato Sociale non è più sostenibile e guarda caso fu uno dei fautori della nascita del Governo Monti, qualche funzionario allineato ai voleri della BCE poco cambia. Il pericolo di una nuova stagione di stangate sul modello del governo Monti nel 2011-2012 è reale.
Ma ora abbandoniamo le congetture per confrontarci con alcune delle profonde contraddizioni interne al nostro economico e produttivo che l’ emergenza sanitaria ha fatto esplodere.
Il nostro sistema di welfare e legislativo per il lavoro è modellato e ha funzionato per un modo di produzione Fordista, ossia per un modello basato su un mercato del lavoro omogeneo e stabile di contratti di lavoro a tempo indeterminato e con una bassa soglia di disoccupazione, in cui gli Istituti di Cassa Integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga, la mobilità erano un sistema tutto sommato adeguato di protezione sociale.
Questo modello negli ultimi trenta anni è stato eroso e la realtà ci consegna un mercato del lavoro frammentato, dove la quota di lavoratori autonomi e/o eterodiretti senza alcuna delle protezioni tradizionali ammonta a diversi milioni. Parliamo di partite IVA, interinali, lavoratori a chiamata o a tempo parziale, di Coupon. Una platea di lavoratori che l’emergenza sanitaria ha lasciato senza lavoro e senza reddito e con prospettive ancora più incerte nel futuro. Se possiamo prevedere che per qualche mese si troveranno risorse e meccanismi per garantire un reddito minimo a questi milioni di lavoratori, ma saranno proprio tutti?, al contempo è evidente che il problema di studiare un sistema di tutele per il lavoro non a tempo indeterminato non è più rinviabile il problema di garantire un reddito universale di cittadinanza, o garanzia, lasciamo da parte per un momento il problema lessicale, che non si può limitare all’ attuale Reddito di Cittadinanza.
E sempre in tema di lavoro è aperto il problema degli esercizi commerciali e artigianali che sono rimasti chiusi e già dovevano subire la concorrenza della grande distribuzione e dell’E commerce, per i quali non sono in grado di suggerire proposte ma che sono pesantemente colpiti da questa crisi.
C’è infine il problema delle centinaia di migliaia di braccianti extracomunitari senza permesso di soggiorno schiavizzati dal caporalato e indispensabili per la nostra agricoltura: questa crisi offre l’ opportunità di sconfiggere le mafie che lucrano sulla loro fatica predisponendo un piano di regolarizzazioni che li sottragga al ricatto mafioso e del caporalato.
Dunque, per finire, andrà tutto bene?
Credo che un adeguamento pedissequo del nostro Governo alle indicazioni della Commissione Europea non potrebbe che aggravare i problemi sociali che ho cercato brevemente di esporre, rendendoli di difficile se non impossibile composizione.
Credo che sia giunto il momento di esercitare una radicale contestazione di questo modello capitalista. ora che più che alla propaganda a direzione unica dei media sono i bisogni immediati di milioni di persone a muovere le coscienze, per proporre un modello sociale solidaristico che non lasci nessuno da solo e per evitare che invece la risposta alla crisi sociale sfoci nella guerra tra poveri o in ribellioni senza speranza.