Oggi pare anacronistico, in presenza di una grave pandemia globale, parlare di partecipazione democratica. Il distanziamento, l’isolamento nelle proprie abitazioni, le relazioni virtuali non possono essere altro che un surrogato delle vere e reali interrelazioni e interazioni sociali e politiche: anche se si comincia a parlare di fase 2 e di ripresa graduale di alcune attività, la lotta contro il virus sarà lunga e impietosa. Occorre però già oggi parlarne se vogliamo evitare il rischio di una catastrofe sociale, poichè servirà avere più cura dell’ambiente, più welfare, più equità, più cultura scientifica, più diritti, più laicità, più democrazia.
Negli ultimi decenni la democrazia “rappresentativa” ha mostrato evidenti limiti di partecipazione dei cittadini. Si è constata una diminuzione della capacità di rappresentazione da parte dei partiti e delle istituzioni politiche. I partiti politici non sono più il luogo della vita sociale e le istituzioni sono sempre più lontane dai cittadini. Vi è dunque un problema che riguarda i limiti nella nostra società.
Causa principale di questa crisi è stata l’ideologia neo liberista che prevedibilmente da progetto economico si è trasformato in un progetto politico,. imponendosi in tutto il mondo. Scopo è stato, ed è ancora, lo smantellamento delle conquiste sociali ed economiche del movimento dei lavoratori ed il forte restringimento del campo della democrazia partecipata e dell’azione pubblica, condizionando e isolando i corpi intermedi. La questione, fermo restando il quadro politico istituzionale, anche Europeo, rimane quella di una restituzione del “potere di cogestione” a cittadini fin troppo, ad oggi, esclusi dall’azione pubblica democratica.
La democrazia prospera invece quando aumentano per i cittadini le opportunità di partecipare attivamente, non solo attraverso il voto ma con la discussione e attraverso organizzazioni autonome (partiti, sindacati, associazioni, comitati….), alla definizione delle priorità della vita pubblica. La “democrazia partecipativa” consiste negli strumenti utili a raccogliere pareri e opinioni che forniscono informazioni stimolando la collaborazione tra cittadini e rappresentanti, ma di per sé questa forma di democrazia non contempla strumenti per attribuire potere legislativo ai cittadini.
La contrapposizione principale contemporanea è fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta poiché molti ritengono che le nuove tecnologie, i nuovi strumenti di comunicazione abbiano finalmente reso possibile ai cittadini di esercitare direttamente il loro potere senza bisogno di rappresentanti, rendendo questi ultimi non soltanto obsoleti e inutili, ma addirittura controproducenti, un ostacolo alla traduzione delle loro preferenze, all’espressione dei loro interessi. I “direttisti” (terminologia di Sartori) identificano e confondono la democrazia esclusivamente con i procedimenti decisionali. Per loro, la democrazia diretta è quella nella quale tutte le decisioni vengono prese solo dai cittadini.
Naturalmente, democrazia è molto altro. È soprattutto una “conversazione”, interrelazione frequente e costante, nella quale i cittadini sono coinvolti cercando di persuadersi vicendevolmente per giungere ad un accordo poi seguito da decisioni che sono sempre rivedibili alla luce dei loro effetti, più o meno positivi, e di altre informazioni sulla tematica decisa.
Senza partecipazione e coinvolgimento, anche attraverso il ruolo dei corpi intermedi, non è possibile fare riforme che non siano fredde e occasionali, sganciate dalla volontà della gente. Non sarà in nessun modo possibile lanciare un ciclo riformista, vale a dire formulare un progetto compiuto e metterlo a confronto, non a repentaglio, con quanto si muove nella società, esiste e intende contribuire a quel progetto e poi attuarlo giorno per giorno.
Davvero è plausibile portare a compimento una riforma di un sistema politico (sia pur locale) senza organizzare i suoi protagonisti, senza coinvolgerli, senza sollecitarne l’apporto in maniera diretta e comunicativa? Soltanto alcuni spaesati post moderni e forse anche neoliberisti, possono farsi sedurre dalla prospettiva che la politica sta essenzialmente comunicazione, e sempre meno informazione, per di più televisiva o addirittura, via internet e senza che i rapporti personali e organizzativi contino un gran che…Il cuore di una riforma sono i processi di coinvolgimento e partecipazione della cittadinanza all’organizzazione dei servizi ed è necessario al conflitto…